venerdì 14 febbraio 2014

XCVI - La leggenda romagnola

Caro Marco Pantani,
su di te se ne sono dette di cotte e di crude. Cosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure, come direbbe De Gregori, dieci anni dopo la tua morte?

Del ciclismo non rimane granché, temo. Di Luca, te lo ricordi? Ha detto che nessuno può vincere senza doparsi e che lui l’ha fatto perché lo facevano tutti. Nibali gli ha risposto che ha solo bisogno di attenzione. Delegittimare dalle nostre parti è una mezza abitudine di certi personaggi poco simpatici, e lui non è nato lontano da dove sono nato io.

Quell’altro scemo di Riccò pareva un campione anche lui. Ha sbagliato una volta, dopandosi, e si è messo poi a recuperare con un noto preparatore che successivamente è morto di tumore. Questo preparatore ne aveva fatto una sorta di ragione di vita, di riportare Riccò, che talento sicuramente ne aveva, a grandi livelli. Beh, sai che è successo? Morto il preparatore, si è dopato ancora. Le cose sono due: o Riccò è seriamente imbecille o Di Luca ha ragione. Io penso la seconda. Oltre alla prima.

Si parla della tua squalifica di Madonna di Campiglio come di un giro di scommesse che avrebbe fatto fruttare milioni e milioni di euro ai soliti noti. Hanno tirato in ballo la qualunque. Io penso che sia vero. A pensar male si fa peccato…

Le tue imprese però rimangono. Sei stato un po’ come Valentino Rossi per le moto: più che lo sport in sé noi tutti seguivamo te: ho avuto la foto nella bacheca, l’ho lasciata per un po’ e poi l’ho tolta. Nonostante ridessi, c’era qualcosa di triste in te, qualche strana ombra della morte. E me la ricordo ancora la voce della giornalista di Radiouno che annunciava con la voce rotta “ho una notizia terribile, è morto Marco Pantani”, loro che sono sempre così “asciutti” nel dare le notizie.

Mi piace ricordarti così, commosso, in quella foto di copertina di quella “Gazzetta dello Sport” che ho tenuto, con Gimondi che ti alza la mano sul podio, unico italiano fino a te ad aver vinto Giro e Tour nello stesso anno.

E poi Indurain che barcolla dopo il traguardo.

E Tonkov che si pianta sui pedali.

E la sella, la tua sella, che c’era dove sono andato a comprare la bici. Emozioni di un pomeriggio di maggio, come le tue.


Grazie di tutto.  

Nessun commento:

Posta un commento