domenica 28 dicembre 2014

CV - Del viaggio

Ognuno ha il suo concetto di "viaggio".

Viaggio nelle parole, quando si legge.
Viaggio nella musica, quando si ascolta qualcosa che non si conosce.

Però la cosa migliore è sempre andare in giro. Personalmente sono più ricettivo: noto anche le foglie che si muovono, e penso che a casa mia tutto questo non ci sia, cosa che assolutamente non è vera.

La cosa strana di quando viaggi è che pare di essere pilotati dentro un universo parallelo dove ognuno si comporta a modo suo cercando di fare in modo d'andare d'accordo con tutti gli altri. Se ci pensate non è poco. Il vecchietto esige il bracciolo. Quella che accavalla le gambe nel sedile davanti a te ti molla una puntata sul ginocchio. C'è sempre uno che puzza di marcio. Quello che urla al telefono. I bambini (plurale, sono sempre a gruppi maggiori di due) che parlano, urlano, vogliono giocare, gridano qualcosa verso il finestrino tipo "La montagnaaaa!"

Per ogni posto lontano dove vado, riguardandolo, mi pare impossibile esserci stato. Milano o Pavia non contano, troppo vicine, troppo plausibili. Ma pensare di essere stato a Bridge of Allan mi crea scompensi, non credo possa essere vero. Quando vedo Upton Park alla tele mi dico che deve essere stato un sogno. Nemmeno i biglietti dei viaggi mi riportano alla realtà delle cose. E' tutto un sogno lontano, e forse è più bello così. Tranne che per il caffè estero, quello è un ricordo vivo e orrendo. 

Ad ogni viaggio si aggiunge una musica, una canzone. Posso essere d'accordo, certi album sono la colonna sonora di mezza Italia, e non solo per me. Però come il cane di Pavlov, appena si vede una foto del posto X scatta la canzone Y nella testa. Violini al Sacré-Coeur, "Barcelona" arrivando con l'aereo a Barcellona, Clash e Beatles a Londra - fin qui tutto normale - "Music is love" di Crosby a Pavia (fregati!)

In fondo è tutto un viaggio. E la colonna sonora è la somma di tutte le colonne sonore.

Che probabilmente fa "Do".







martedì 23 dicembre 2014

CCS7: Ufficiale: Zeman esonerato dal Cagliari

http://it.blastingnews.com/calcio/2014/12/ufficiale-zeman-esonerato-dal-cagliari-00213123.html

martedì 16 dicembre 2014

CCS3: Che cos'è l'Isis? Viaggio nel califfato islamico

http://it.blastingnews.com/cronaca/2014/12/che-cos-e-l-isis-viaggio-nel-califfato-islamico-00205775.html

domenica 7 dicembre 2014

CIV - Perché ascoltare i Beatles - 1. Please please me

I Beatles nascono a Liverpool negli anni 40.  
Sono frutto di infanzie passate in mezzo alla strada (Ringo Starr), di musicisti classici (Paul McCartney), di separazioni burrascose e madri poco normali (John Lennon) e poi c’è George Harrison. Già, il silenzioso George.

Questa vuole essere una rubrica, una “guida all’ascolto” dei loro album. Dopo averla letta li comprenderete meglio, li amerete un po’ di più, perché vedrete che con la loro forza tranquilla e la voglia di portare il limite sempre più in alto hanno cambiato – almeno un po’ – il mondo.
Siamo a Londra, anni 60. 1962, per l’esattezza. La Decca, nota casa discografica che si occupava -  e occupa tuttora – principalmente di musica classica ad un provino rifiuta i quattro di Liverpool, sostenendo che i gruppi con le chitarre non avessero futuro. Così i quattro si recano alla Parlophone, che vede lungo, crede in loro e fa pubblicare due singoli: “Love me do” e “Please please me”.
Successivamente, nel marzo del 1963, i Beatles in quindici ore di lavoro totale, singoli esclusi, fanno la storia.

La copertina dell’album, che ritrae il gruppo che si sporge da una finestra, è stata pensata per quest’album. I quattro rifaranno esattamente la stessa foto nel 1969, la trovate come copertina delle due storiche compilation rossa e blu. Hanno qualche capello in più ma sono sempre loro.
Il disco è un concentrato di energia, basti solo citare lo standard rock and roll “I saw her standing there”, che vi sfido a non cantare dopo averla sentita. La registrarono perché era una delle canzoni più amate durante la loro lunghissima gavetta nei night più sordidi di Amburgo, dove le corde del basso rotte venivano sostituite con quelle di un vecchio pianoforte.  C’è “Love me do”, il singolo col quale la storia dei quattro è cominciata. C’è “Baby, it’s you”, di una delicatezza infinita. C’è “Twist and shout”, l’esplosione.

La storia vuole che alla fine della giornata John Lennon fosse a petto nudo dopo aver cantato come un pazzo per le registrazioni. Mancava ancora la canzone in questione, così prese del latte caldo e si mise, con le ultime energie canore rimaste, ad urlare le parole di “Twist and shout” nel microfono con una verve che non fa certo pensare ad un mal di gola incombente. Da quel momento, la canzone composta da Medley (sì, i “Medley” si chiamano così proprio a causa sua) e Russell e portata al successo dagli Isley Brothers non è più loro.  Gli archivi della EMI dicono che fu registrata al primo tentativo. Vi prego di ascoltarla, e se suonate, di suonarla. Tre accordi, boom. Re, sol, la, tutti maggiori, e un re settima tanto per gradire. Non è con pochi ingredienti che si fanno le torte più buone?


Il mondo della musica stava per cambiare e ancora non lo sapeva. 

mercoledì 25 giugno 2014

CIII - I miei 2 cent sull'eliminazione

Oggi mi sento un po' come se mi avessero levato qualcosa di bello. No, non la milza. Qualcosa tipo la chitarra, o cose del genere.

Il giochino, ecco. Il campionato del Mondo per me è stato un bellissimo giochino col quale vedere persone che non vedevo da lungo tempo, emozionarmi, aspettare. In fondo si vive per sognare no? Questo è, e se lo dice Calderon de la Barca ci possiamo credere.

Quello è chiarissimo è assolutamente il fatto che al di là delle colpe di Balotelli che non la butta dentro (perché? Immobile l'ha buttata dentro? Cassano? Insigne? Cerci?) sicuramente il sistema di gioco ha fatto meno che pietà. Il vero colpevole, per così dire, è Prandelli.

Possiamo dire che il calcio italiano non produce grandi talenti, e forse non andiamo tanto lontano dalla verità. Ma il Costarica e l'Uruguay, messe insieme, non fanno la popolazione della Lombardia e sono entrambe agli ottavi. Qual è il motivo? Possibile che ci siano così tanti problemi a raccattare non dico 23, ma almeno 11 giocatori in grado di fare quattro punti in tre partite?

Il problema, ve lo dice un fesso, è l'organizzazione di gioco. Prandelli nella sua lunga vita sportiva non ha mai vinto niente. Il suo apice è stato un quarto posto con una Fiorentina stellare, però parliamo ormai di tanti tanti anni fa. Il materiale umano non è così scarso come si crede. Però se ti metti a provare schemi prima o (orrore!) durante il mondiale, che risultati ne avrai mai? Perchè l'Italia non dominava il gioco? Perchè non è riuscita mai a proporsi in attacco in maniera seria durante tutta la manifestazione?

Bene le dimissioni, grazie di tutto (no va beh, di Thiago Motta no) e buon proseguimento.


martedì 24 giugno 2014

CII - I Campionati del Mondo 2 - l'attesa

Ci sono momenti, come questi, che arrivano ogni quattro anni.

Il bello del campionato del Mondo è proprio questo. Vincere e perdere contro chiunque. L'equivalenza non tiene, salta. L'ovvio si trasforma in sogno, la realtà si trasfigura. Uno più uno in questo mondo non fa due.

Il Costarica batte l'Uruguay 3-1. Noi perdiamo dal Costarica 1-0. In un mondo matematico non ci sarebbe nemmeno da giocarla, perché se tre è maggiore di due, sicuramente lo è anche di uno. E non è così, basta un soffio di vento, una zolla messa male, un torto, un calo nervoso, l'anello che non tiene, e tutto va via, o arriva, a secondo delle circostanze. Tutto è mobile, incerto, indefinito persino mentre lo vedi.

Però l'albero davanti casa è fermo. Tutto è fermo. Persino il sole non se la sente di splendere granché qui.

E' l'epica. Chissenefrega di Achille, Aiace, Ettore. Non c'è Chanson de Roland, non c'è letteratura che tenga, la sottile emozione del libro non può essere comparata all'emozione clamorosa del gol.

Che vada bene o male è questo il succo del calcio.

L'attesa.


giovedì 12 giugno 2014

CI - I Campionati del Mondo

“Scrivere è un tic”, diceva Bukowski, e aveva ragione.

Dovrei studiare. Ma come fai, se tra poche ore comincia un Mondiale? Scrivo e poi ricomincio, prometto.

Ho detto “Mondiale”? Dovete scusarmi, ma la parola – anzi, le parole – giuste sono “i Campionati del Mondo”.
“Mondiale” è roba da stampa italiota mainstream. “Campionati del Mondo”, invece, è come dice mio padre. Mette una solennità alla cosa quasi religiosa: “Quandu vincimmu i Campionati del Mondo…”. I suoi ricordi epici cominciano così, con un prestito dall’italiano inserito in un contesto calabrofono.  E io? Cosa mi ricordo?

Il 1982 non è stato particolarmente goduto. Mi raccontano che mio nonno, simbolo intramontabile delle estati nonché delle partite della Nazionale (ancora oggi io quando vedo l’Italia penso a mio nonno Angelo) battesse i pugni sul tavolo facendomi piangere disperato nella culla. La storia dei pianti mondiali non finisce qua, ma ci arrivo.

Nemmeno un ricordo del 1986 come Campionato del Mondo. Solo un foglio di carta con disegnato Platini. Chissà perché.

1990. Di quello mi ricordo abbastanza bene. Mi pareva sinceramente evidente che l’Italia andasse avanti, e naturali i gol di Schillaci. Siamo l’Italia, andremo avanti no? Non ci si fosse messo Zenga, chissà… oltre a quello, la finale non veniva vista praticamente da nessuno ad una pizzata in cima ad una collina. “Hanno vinto ste m***e” diceva uno particolarmente tollerante, indicando i tedeschi.

1994. Uno dei Campionati più coscienti di tutti. Ricordo di come l’Italia è passata (io in un albergo di Assisi che spiego ad un americano in protoinglese delle medie che il Camerun ha perso 6-0 con la Russia), nonché un tizio che si arrampica ad una colonna nel locale dov’eravamo andati a vedere una partita dell’Italia. Della finale, ho un ricordo di me in Calabria appoggiato con la testa ad una grondaia che mi chiedo come abbia mai potuto perdere l’Italia.

1998. Di quel Campionato se non le ho viste tutte poco ci manca. Dell’Italia non ricordo granché, ma di un Francia-Paraguay vinto dalla squadra di casa sì. Chissà perché.

2002. La guida. In quel periodo sto facendo le guide preparatorie per l’esame pratico della patente. Vedo che c’è un buco e metto la prenotazione. Scopro troppo tardi che c’era Italia-Corea del Sud. L’istruttore con la radiolina che mi dice il risultato, nessuno che esulta. Col senno di poi, meno male che ero a fare la guida.

Gli spagnoli che pensavano fossimo dei lamentosi avranno la loro razione di torti arbitrali, e forse questa è  stata la cosa più bella della manifestazione.

2006. Pavia. Il delirio completo. Diamo alcune brevi immagini: due tizi nudi in piazza Minerva che ballano. Mai sentita tanta gente cantare l’inno nazionale in vita mia. La mamma di Zidane insultata in tutte le lingue possibili. La mia amica greca che continuava a dire “vincerete voi” anche durante i rigori presa pesantemente a parole (potrai mai perdonarmi?). I preti dell’oratorio in Borgo Ticino sulla strada a sventolare il tricolore. Penso che a nonno sarebbe piaciuto vivere quel momento, ma da cinque anni non c’è più. Piango per lui, non tanto per la vittoria. Gazzetta introvabile. Un tizio ubriaco sul ponte alle tre di notte che iniziava “pooo, popo po…” e noi continuavamo “…po pooo pooooo…” .

2010. Il Campionato del “lo sapevo”. Che figura di merda. 1-1 con la Nuova Zelanda, terrificante.   


2014. Chissà, chissà, domani…

Buoni Campionati del Mondo a tutti! 

lunedì 26 maggio 2014

C - Un minimo di analisi

Un'analisi sulle elezioni è doverosa. 

Winston Churchill soleva dire che gli italiani vanno alla guerra come se fosse una partita di calcio e ad una partita di calcio come se fosse una guerra. Bravo Winnie, dico io - e aggiungo: alle elezioni ci vanno come se fosse lo sbarco in Normandia. 

Vedo molta gente in giro con forti convinzioni, e sinceramente la invidio molto, io non ci riesco. Io dico che il bene e il male ci sono in tutte le fazioni, e bisogna pesare il meno peggio. Il "meno peggio" mio può essere diverso da quello degli altri o può essere uguale, ma non mi sognerei mai di dare del cretino ad uno che vota un partito diverso dal mio. No, nemmeno a chi vota lega. 

Detto questo, passo all'analisi: Grillo non ha vinto. Perché?
Mi pare molto semplice. Grillo continua a battere il suo martello del "tanto meglio, tanto peggio", ma non ha capito qual'è il punto. 

Mussolini, Andreotti, Berlusconi. Questo "tris di primi" (indigesti, almeno per me) ha qualcosa in comune. La capacità di far sognare. L'italiano di centro, e cioè la stragrande maggioranza, ha voglia di ordine e che non gli si dica che le cose vanno male. Vuole sognare.

Se ci pensate, in fondo anche voi non uscite con una persona lagnosa e preferite di gran lunga una che vi faccia ridere. 

Grillo non ha vinto proprio per questo. Non dà speranza ma la toglie. E' arrivato a dire che l'Italia è un paese di pensionati che non vogliono il cambiamento. Come se il cambiamento fosse un'esclusiva dei cinque stelle. 

Aggiungo: visto che i cinque stelle vogliono il cambiamento, perchè non cambiare da subito con Bersani al governo, dato che il famoso 51% non l'ha mai preso nemmeno la DC dei tempi belli?

Fondamentalmente io penso che sia proprio per questo che Renzi ha vinto e Grillo no. Renzi sa comunicare. 
Che poi sia strano che in Italia vinca chi sa parlare meglio è un altro paio di maniche, ma di questo parleremo un'altra volta... 

venerdì 11 aprile 2014

XCVIX - Insegnamenti

L'attività principale, nel mio lavoro, è quella di facilitare dei contenuti, qualunque essi siano.
Si va dai fiumi russi che sfociano nel mar Glaciale Artico al teorema di Pitagora fino a qualunque altra cosa vi venga in mente che si faccia nel mio ordine di scuola. Di qui si può dire che io "faccia imparare". 

Già. Però qualche volta - anzi, spesso - imparo qualcosa anche io. 

Oggi, ad esempio, si è visto un film dal titolo "Alla luce del sole", con Luca Zingaretti, o "Montalbano" come direbbe l'Italiano Medio. Lo consiglio a chiunque abbia voglia di approfondire la vita di un parroco dei nostri tempi, don Pino Puglisi, ucciso nel '93 per aver cercato di insegnare qualcosa in un quartiere dove l'unico modo per essere uomini era la violenza. 

Soprattutto, mi ha colpito il fatto di credere di sapere tutto su questo parroco. E scoprire che in realtà non sapevo un bel niente. 

Questo, forse, è il più grande insegnamento: bisogna essere così umili da capire di imparare non si finisce mai. Soprattutto quando credi di sapere già molto.

Se fatta bene, con coscienza e impegno, la scuola serve a dare delle idee.
Ci staremo riuscendo? Si vedrà. Come mi disse Mirco Bergamasco all'aeroporto "ci si prova". 

giovedì 6 marzo 2014

XCVIII - La grande bellezza (per chi vuol capirci)

Ho letto svariate opinioni su "La Grande Bellezza".

Purtroppo a me non bastano le tre righe dei social network per esprimermi, mi pare il caso di fare un'analisi un minimo più approfondita.
Partiamo da un presupposto-base, che è "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace". Su questo, tutti d'accordo? Sì? Continuiamo.

Una grande avvertenza: vi prego, non cercate Benigni in Sorrentino. Non c'è. Non è quel cinema.
Oltre a questo: sì, Sorrentino è napoletano, ok, ma nel film non ci sono le pernacchie, i babà, la pizza e la tarantella.

"La Grande Bellezza", per chi ha visto il film e ha un minimo di acume, è un titolo sarcastico, o forse no. La grande bellezza è quella della città di Roma, delle terrazze, dei monumenti meravigliosi che vengono mostrati.

La grande bellezza è anche quella passata delle dive che vengono mostrate, e che cercano di recuperare con ogni mezzo. Quella violentata nell'arte forzata della bambina prodigio.
Il sarcasmo sta nel fatto che in mezzo a tutta questa "grande bellezza" passata e decadente che lo circonda, Gambardella non riesca a scrivere proprio niente.

La bellezza diventa anzi come una specie di miseria, di povertà intellettuale, dove tutto quello che si riesce a fare è: festa. "A far l'amore comincia tu", "Mueve la colita", sono tutte canzoni fatte per non pensare, che è esattamente quello che fanno i personaggi del film.

Questa, almeno per me, è la chiave interpretativa.
Che poi vi sembri una ca**ta è perfettamente lecito. Però almeno provate a pensarci.

E andate a vedervi "Le conseguenze dell'amore" che di oscar ne meritava cinque (con tanti ringraziamenti a chi me l'aveva suggerito).

lunedì 24 febbraio 2014

XCVII - Nemmeno i pecorai

Sono reduce dal discorso di Renzi. Bello, ben fatto. Mi è piaciuto. Non è di sinistra, forse, ma sinceramente non mi importa granchè. Sono per le idee, non per le etichette.

Se fa la metà delle cose che dice, vivremo presto in un Paese civile. Per precauzione mia ci credo poco, ma perlomeno dà una speranza. Per certi versi mi pareva di sentire Papa Francesco. Uno dei commenti tecnico-rurali della cucina di casa mia è stata "come parlantina non lo frega nessuno". Lapidario ma vero.

Poi lasciamo stare che abbia preso il potere con un mezzo golpe, ma vabbè.

Ad ogni modo, il punto non è questo. E' che Grillo si è spaventato. Lui sa bene che Renzi parla meglio di lui, che l'avrebbe messo alle strette. E allora cosa ha fatto? La mossa dell'ignoranza più pura. Non l'ha fatto parlare, che è una di quelle cose che mi manda in bestia.

Posso essere d'accordo con te o meno, ma non fare parlare la gente è assolutamente una di quelle cose che non vanno fatte. Anche perchè chi non faceva parlare ha dei nomi brutti: fascisti, nazisti, stalinisti.
Da qui il titolo: nemmeno i pecorai. Con tutto il rispetto per i pecorai, che fanno dei formaggi che i politici non saprebbero mai fare.

Denota mancanza di rispetto verso le persone, e il rispetto è uno di quei valori che non vanno mai messi in discussione.

Senza voler discutere i valori del movimento 5 stelle, che sono tanti, questa volta Beppe poteva pensarla meglio...

martedì 18 febbraio 2014

XCIV - L'angolo della poesia - 5

Lavandare

"Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggiero.

E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene.

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
Quando partisti, come son rimasta!
Come l'aratro in mezzo alla maggese."

(G.Pascoli, "Myricae")

venerdì 14 febbraio 2014

XCVI - La leggenda romagnola

Caro Marco Pantani,
su di te se ne sono dette di cotte e di crude. Cosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure, come direbbe De Gregori, dieci anni dopo la tua morte?

Del ciclismo non rimane granché, temo. Di Luca, te lo ricordi? Ha detto che nessuno può vincere senza doparsi e che lui l’ha fatto perché lo facevano tutti. Nibali gli ha risposto che ha solo bisogno di attenzione. Delegittimare dalle nostre parti è una mezza abitudine di certi personaggi poco simpatici, e lui non è nato lontano da dove sono nato io.

Quell’altro scemo di Riccò pareva un campione anche lui. Ha sbagliato una volta, dopandosi, e si è messo poi a recuperare con un noto preparatore che successivamente è morto di tumore. Questo preparatore ne aveva fatto una sorta di ragione di vita, di riportare Riccò, che talento sicuramente ne aveva, a grandi livelli. Beh, sai che è successo? Morto il preparatore, si è dopato ancora. Le cose sono due: o Riccò è seriamente imbecille o Di Luca ha ragione. Io penso la seconda. Oltre alla prima.

Si parla della tua squalifica di Madonna di Campiglio come di un giro di scommesse che avrebbe fatto fruttare milioni e milioni di euro ai soliti noti. Hanno tirato in ballo la qualunque. Io penso che sia vero. A pensar male si fa peccato…

Le tue imprese però rimangono. Sei stato un po’ come Valentino Rossi per le moto: più che lo sport in sé noi tutti seguivamo te: ho avuto la foto nella bacheca, l’ho lasciata per un po’ e poi l’ho tolta. Nonostante ridessi, c’era qualcosa di triste in te, qualche strana ombra della morte. E me la ricordo ancora la voce della giornalista di Radiouno che annunciava con la voce rotta “ho una notizia terribile, è morto Marco Pantani”, loro che sono sempre così “asciutti” nel dare le notizie.

Mi piace ricordarti così, commosso, in quella foto di copertina di quella “Gazzetta dello Sport” che ho tenuto, con Gimondi che ti alza la mano sul podio, unico italiano fino a te ad aver vinto Giro e Tour nello stesso anno.

E poi Indurain che barcolla dopo il traguardo.

E Tonkov che si pianta sui pedali.

E la sella, la tua sella, che c’era dove sono andato a comprare la bici. Emozioni di un pomeriggio di maggio, come le tue.


Grazie di tutto.  

martedì 11 febbraio 2014

XCV - Taxi e similari

Io non riesco a vedere i film tutti interi, tutti d'un fiato. Per questo la porta usb dietro la tele viene molto comoda: quando mi rompo le scatole fermo e continuo un'altra volta.

Capisco cosa potrete pensare, lettori: "ma come, e allora quando vai al cinema?"
Risposta: infatti non ci vado.

Ad ogni modo, il film del quale farò una specie di recensione è "Il tassinaro", sì, quello di Alberto Sordi.

Prima di vedere questo film io non sopportavo troppo Sordi. Mi dava l'idea del romanaccio sotuttoio. Poi ho capito che effettivamente l'anima di Roma è proprio quella, volente o nolente. E che nei film fa molto ridere.

Vi domanderete ancora: "ma allora perchè l'hai guardato?" (Quante domande, vi fate...)
Semplice. In realtà io non stavo guardando "Il tassinaro" bensì "Taxi driver", quello con De Niro. Poi mi hanno spiegato come finisce e non ci tengo granchè a vedere gente che perde dita o viene uccisa con un colpo in faccia, se posso evitare è meglio, dato che nella prima parte del film c'è uno mezzo morto che viene preso a bastonate.

Così, dato che comunque avevo cominciato un film coi taxi, ho deciso di proseguire nel filone.

"Il tassinaro" ad ogni modo non è un film come me lo aspettavo, con una trama. E' più una serie di episodi corti con uno sfondo comune: Roma.

L'aspetto che mi è piaciuto di più di questo film è sicuramente l'aderenza alla realtà. I giapponesi e le loro malefiche sveglie, visti come il nemico (ricorda niente sui cinesi?), i problemi dell'Italia, che dal 1983 ad oggi sono esattamente gli stessi. Il Nataleconituoi fatto di un quintale di roba da mangiare. Imperdibile la scena degli insulti all'americano. Piccole cose, ma che fanno la differenza.

Della trama quindi non vi dico nulla - anche perché non c'è - e mi limito a consigliarvelo. E' un bell'affresco di un'Italia che non c'è più c'è ancora, sotto vesti moderne, e tutto sommato si capisce che è sempre la stessa cosa. Cambiano gli orchestrali ma la musica è sempre quella, e per chi immaginava che il passato fosse una specie di Eden non è male.