I Beatles nascono a Liverpool negli anni 40.
Sono frutto di infanzie passate in mezzo alla strada (Ringo
Starr), di musicisti classici (Paul McCartney), di separazioni burrascose e
madri poco normali (John Lennon) e poi c’è George Harrison. Già, il silenzioso
George.
Questa vuole essere una rubrica, una “guida all’ascolto” dei
loro album. Dopo averla letta li comprenderete meglio, li amerete un po’ di
più, perché vedrete che con la loro forza tranquilla e la voglia di portare il
limite sempre più in alto hanno cambiato – almeno un po’ – il mondo.
Siamo a Londra, anni 60. 1962, per l’esattezza. La Decca,
nota casa discografica che si occupava -
e occupa tuttora – principalmente di musica classica ad un provino
rifiuta i quattro di Liverpool, sostenendo che i gruppi con le chitarre non
avessero futuro. Così i quattro si recano alla Parlophone, che vede lungo,
crede in loro e fa pubblicare due singoli: “Love me do” e “Please please me”.
Successivamente, nel marzo del 1963, i Beatles in quindici
ore di lavoro totale, singoli esclusi, fanno la storia.
La copertina dell’album, che ritrae il gruppo che si sporge
da una finestra, è stata pensata per quest’album. I quattro rifaranno
esattamente la stessa foto nel 1969, la trovate come copertina delle due
storiche compilation rossa e blu. Hanno qualche capello in più ma sono sempre
loro.
Il disco è un concentrato di energia, basti solo citare lo
standard rock and roll “I saw her standing there”, che vi sfido a non cantare
dopo averla sentita. La registrarono perché era una delle canzoni più amate
durante la loro lunghissima gavetta nei night più sordidi di Amburgo, dove le
corde del basso rotte venivano sostituite con quelle di un vecchio
pianoforte. C’è “Love me do”, il singolo
col quale la storia dei quattro è cominciata. C’è “Baby, it’s you”, di una
delicatezza infinita. C’è “Twist and shout”, l’esplosione.
La storia vuole che alla fine della giornata John Lennon
fosse a petto nudo dopo aver cantato come un pazzo per le registrazioni.
Mancava ancora la canzone in questione, così prese del latte caldo e si mise,
con le ultime energie canore rimaste, ad urlare le parole di “Twist and shout”
nel microfono con una verve che non fa certo pensare ad un mal di gola
incombente. Da quel momento, la canzone composta da Medley (sì, i “Medley” si
chiamano così proprio a causa sua) e Russell e portata al successo dagli Isley
Brothers non è più loro. Gli archivi
della EMI dicono che fu registrata al primo tentativo. Vi prego di ascoltarla,
e se suonate, di suonarla. Tre accordi, boom. Re, sol, la, tutti maggiori, e un
re settima tanto per gradire. Non è con pochi ingredienti che si fanno le torte
più buone?
Il mondo della musica stava per cambiare e ancora non lo
sapeva.
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