venerdì 14 giugno 2013

LXXXVII - Un film triste

Collega A: "Ho visto "Qualunquemente", di Antonio Albanese, fa ridere!"
Io: "Sì, fa ridere, però... se sei calabrese è triste"
Collega B, con sguardo assassino: "Anche se non sei calabrese"

Touchè. Toccato nella calabresità. Biascico qualcosa in giustificazione, ma il motore ormai è andato fuori giri.

Il ragionamento è: credo che i calabresi siano superuomini in grado di capire ciò che gli altri non sono in grado di capire? E' così curioso che uno nato al nord Italia possa capire che "Qualunquemente" è un film che mette un lenzuolo di tristezza sulla tua giornata?

No, in realtà non lo è, pensandoci bene.

E allora cos'è che rende così netta nella mia mente la linea di demarcazione tra il "volk" calabro - "i ggenti" potremmo definirlo -  e il resto dell'Italia? 

Conoscenza del posto? Forse.
Isola linguistica nella quale sono vissuto? Anche.
Piccola storia di emigrazione? Potrebbe.

D'un tratto, sembravo aver perso di vista il genere di cose che poi in realtà penso, come ad esempio che al di là della provenienza le persone sono comunque intelligenti, simpatiche eccetera.

Faccio un esempio pratico: io agli Europei tifo contro Francia e Germania, ma credo di avere più di un debito verso Marie Curie dal lato scientifico e verso l'inventore dei pretzel dall'altra, peraltro.

Forse però, il vero problema è essere italiani, vivere in questa realtà dove ci si divide in guelfi e ghibellini, e poi in guelfi bianchi e guelfi neri. Ci mancherebbe che ci si dividesse anche in guelfi bianco chiaro e i guelfi bianco sporco. Non siamo razzisti con gli stranieri: solo con gli altri italiani. E' inconscio e paradossale.

Ad ogni modo, non voglio menare troppo il torrone. Chiudendo il discorso, "Qualunquemente" è un film abbastanza triste. Non prendetelo solo per ridere, che se no oltre ai meridionali anche quelli del nord si incazzano. Pensateci. 

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